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Una resistenza senza eguali.

Un’azienda di San Michele al Tagliamento ha affrontato la crisi economica con una forza incredibile. I suoi dipendenti sono sempre stati al centro. Parleremo della sua storia dal felice epilogo.

Le vicissitudini di un imprenditore

Diego Lorenzon ha 53 anni. Lavora da sempre nell’impresa di famiglia, la Poolmeccanica di San Michele al Tagliamento (Venezia). Intere generazioni spese nel campo delle costruzioni di notevoli dimensioni. È stato anche vicepresidente degli Industriali di Venezia.

Nel 2008, a causa della crisi economica, Lorenzon ha dovuto affrontare una serie di vicissitudini. Uno dei tanti casi di crisi che sta colpendo il nostro Paese, anche oggi. Inizialmente Diego ha impegnato tutto ciò che aveva. Ha perfino incassato in anticipo le polizze pensionistiche e venduto le ultime collezioni private che gli restavano.

Siccome i soldi non bastavano, ha chiesto aiuto ad amici e parenti, perché sette delle nove banche con cui intratteneva rapporti commerciali lo hanno abbandonato. Al fianco gli sono rimaste solo una piccola Bcc e Ifis. Ma alla fine ce l’ha fatta. L’azienda ha iniziato a riprendersi e oggi realizza numerose infrastrutture in giro per il mondo.

Purtroppo però, a causa di omissione di versamento di alcune ritenute certificate, Lorenzon è finito in Tribunale.  Una somma che ammonta a 262.000 euro e risale al 2011. Preferì pagare gli stipendi dei 50 dipendenti e onorare gli impegni con i fornitori, posticipando i versamenti al Fisco.

Il tribunale e l’epilogo della vicenda

Nonostante condizioni di salute precarie, Lorenzon ha deciso di presentarsi in aula. Al giudice, che aveva già disposto il rinvio dell’udienza per approfondimenti in materia fiscale, ha chiesto di poter parlare temendo di non poter esser presente a futuri dibattimenti.

Dieci minuti di esposizione dei fatti, molto intenso. Ha spiegato di aver sempre pagato tutto, ma un giorno, d’improvviso, i fidi erano stati azzerati. I 420.000 euro di crediti da enti pubblici non si riuscivano a incassare.

Spiega: “le banche ci hanno chiesto di rientrare, dovevamo acquistare la materia prima in contanti. Che cosa dovevamo fare in queste condizioni disperate? Ho chiesto al Fisco di rateizzare perché dovevo pagare gli operai e i fornitori. Mi chiedevo se stessi andando nella direzione giusta, adesso le banche stanno chiudendo, noi no. Ho liquidato in dieci anni 6,8 milioni di euro di tasse e oggi il 30% di sanzioni, oltre agli interessi per i ritardati pagamenti: penso di essere stato sufficientemente punito per questa mia strategia.”

Il giudice del Tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, è tornato sui propri passi. Ha revocato il rinvio e ha emesso la sentenza: nessun dolo. Assoluzione su due piedi perché il fatto non costituisce reato. Applausi a scena aperta e un epilogo felice e meritato per l’imprenditore.

Al primo posto i dipendenti

In questo caso assistiamo alla volontà di un imprenditore di voler salvare la sua azienda a tutti i costi. Che non si preoccupa di evadere le tasse per dare uno stipendio ai suoi clienti. Un’azienda che mette al primo posto i propri clienti, come una famiglia. Purtroppo non tutte le persone sono così oneste, anzi cercano sempre di derubare i cittadini. Per questo motivo bisogna sempre tutelarsi.


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