MPS: condannata a risarcire

Con sentenza 2 marzo 2015 n. 6354, il Tribunale di Roma ha condannato MPS a restituire per anatocismo la somma di € 2.500.000 ad imprenditrice.

MONETE CON BANCONOTE

Che cos’è l’anatocismo: in estrema sintesi, è l’interesse su interesse. E’ la pratica bancaria di calcolare gli interessi passivi generati da uno scoperto di conto corrente ogni trimestre e, sul nuovo saldo a debito del conto, calcolare i nuovi interessi che si formano nel trimestre successivo. In altri termini è la c.d. capitalizzazione degli interessi perché questi ultimi diventano capitale ogni tre mesi.

 

Moltiplicatore di debito

Come funziona: in sintesi, è un moltiplicatore del debito. Per esempio, se ho un utilizzo di 1.000 euro al tasso annuo del 5%, senza anatocismo, dopo 10 anni avrò pagato: 1.500 euro. Se invece ho la capitalizzazione trimestrale, dopo 10 anni avrò pagato 1.645 euro. Il meccanismo applicato a somme importanti, dà risultati importanti.

L’anatocismo, in Italia, è vietato dall’art. 1283 codice civile è stato nullo fino al 22/4/2000, data in cui è entrata in vigore la delibera 9/2/2000 del CICR che, in seguito a vicissitudini normative e giurisprudenziali, l’ha introdotto legalmente, soltanto nei rapporti bancari, a determinate condizioni. Per i conti già accesi alla data della sua entrata in vigore, l’anatocismo continua ad essere nullo se non sia stato sottoscritto un nuovo contratto.

Nel caso dell’imprenditrice romana, il conto corrente era stato aperto nel 1994 con MPS ed era sempre stato affidato per importi rilevanti. L’imprenditrice aveva poi chiuso il conto nel 2007. Nel 2012 ha attivato il giudizio, per ottenere la restituzione di tutti gli importi nulli addebitati sul conto dall’inizio alla fine, rivolgendosi ad un avvocato notoriamente esperto e ripetutamente vittorioso in questa materia, il quale ha impugnato tutte le clausole nulle del contratto e ha richiesto in giudizio di avere la restituzione di tutti gli importi pagati in eccesso.

Clausole nulle, salvano l’imprenditrice

Ciò perché le clausole nulle in un contratto non possono produrre effetti e, anche se non c’era mai stata alcuna contestazione degli estratti conto, l’imprenditrice aveva diritto alla restituzione di tutte le somme pagate in assenza di clausole contrattuali valide.

Il contratto era viziato in diverse clausole: non esprimeva il Tasso Effettivo a debito, bensì soltanto il tasso nominale. Per le spese rimandava a fogli informativi, la clausola sulla commissione di massimo scoperto era indeterminata.
Soprattutto, il contratto prevedeva che gli interessi generati dall’utilizzo dell’apertura di credito sul conto corrente sarebbero stati liquidati ogni trimestre e portati a nuovo come capitale nel trimestre successivo.
Tutte le clausole sopra descritte sono nulle. Il tasso ultralegale non era validamente pattuito, e così la commissione di massimo scoperto e l’anatocismo era nullo.

Conviene sempre controllare il conto corrente o mutuo. Nella stragrande maggioranza dei casi ci sono importi rilevanti da chiedere in restituzione.

Affidarsi ad un esperto in materia

L’unica grande attenzione che bisogna avere è affidarsi fin dal primo momento a un avvocato notoriamente esperto in questa materia molto tecnica.

Non è mai una perizia di parte a vincere una causa, bensì soltanto e unicamente un avvocato capace e molto esperto.

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