Usura bancaria nei guai vertici Unicredit

I due ex numeri uno di UNICREDIT sono indagati a Torino per reati di usura bancaria ed estorsione in relazione ad interessi usurari su conto corrente e contratti derivati truffa in danno di Giuliano Besson, l’ex campione di sci, diventato imprenditore.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 30-05-2014 Roma Economia Assemblea della Banca d'Italia Nella foto Alessandro Profumo (presidente Mps) Photo Roberto Monaldo / LaPresse 30-05-2014 Rome (Italy) Bank of Italy assembly In the photo Alessandro Profumo

L’ex amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo e l’ex numero uno di Unicredit corporate banking Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri e oggi direttore finanziario di Telecom Italia, sono indagati dalla procura di Torino con l’accusa di usura bancaria. L’inchiesta coordinata dal pm Cesare Parodi è nata dalla denuncia di Giuliano Besson, ex campione della Valanga azzurra che, dopo l’addio allo sci agonistico si è dato all’imprenditoria, fondando con il compagno di squadra Stefano Anzi un’azienda di abbigliamento sportivo e diversificando poi nel settore alberghiero.

Besson, come racconta l’edizione del Fatto quotidiano del 20 maggio, nei cui confronti l’istituto di piazza Gae Aulenti ha fatto emettere tra 2007 e 2014 numerosi decreti ingiuntivi sfociati in pignoramenti, ha querelato la banca per usura ed estorsione lamentando, come si legge nella querela di essere stato vittima di una speculazione “brutale, divorante e famelica”. E il procuratore torinese, esaminate le consulenza tecniche sui contratti derivati che gli erano stati fatti firmare contestualmente ai finanziamenti, ha bloccato le procedure espropriative. Per poi iscrivere nel registro degli indagati cinque ex manager di Unicredit tra cui appunto Profumo.

La storia

Besson aveva iniziato i rapporti bancari con Unicredit a fine anni novanta, inizialmente con un conto corrente e successivamente con mutui e leasing per oltre 600 mila euro. A questi gli erano stati associati contratti derivati sui tassi.

In base alle perizie presentate in Procura, su tutti i conti correnti sarebbero stati applicati interessi usurari, sia oggettivamente, sia in concreto.

Nell’aprile 2014 il pm di Torino aveva sospeso per 300 giorni, poi prorogati, tutte le esecuzioni intraprese da Unicredit a carico del Besson.

I consulenti della Procura, pertanto, hanno confermato la applicazione di interessi usurari.

A fronte di un credito di 285mila euro, calcolato sottraendo da tutte le esposizioni accumulate le cifre che Besson ha pagato vendendo parte del proprio patrimonio immobiliare, “è stato di fatto ipotecato un patrimonio che è pari ad euro 3.484.695,02, secondo quanto emerge dal lavoro peritale di stima di tutti i cespiti del sig. Giuliano Besson”, si legge nella querela. “Sia che si consideri l’importo dei tre decreti ingiuntivi sia che si valuti quello dell’accordo del maggio 2012, sta di fatto che al gruppo Besson deve comunque essere restituita la ragguardevole cifra di euro 604.912,68, oltre quanto già pagato e quanto di fatto venduto per il rientro parziale comunque avvenuto”.

Ma, continua il documento, “la Banca ad oggi in ragione di crediti usurari ha bloccato un patrimonio superiore di almeno quattro volte. Siamo al cospetto del tipico comportamento dell’usuraio. E’ stato violato infatti l’equilibrio sinallagmatico siccome la Banca ha preteso garanzie enormemente superiori agli affidamenti concessi. Tuttavia valutando il suo agire come quello di chi ha perpetrato il reato di usura, ha di fatto bloccato nell’uso il diritto di proprietà del sig.Giuliano Besson, spogliandolo di fatto delle sue sostanze”.

Le conclusioni

Le indagini successive di Parodi, che hanno riguardato anche altri quattro casi di finanziamenti di Unicredit ad altre società, hanno fatto emergere presunte responsabilità delle ex prime linee della banca, finite per questo nel registro degli indagati.

Peluso, sempre in qualità di ex numero uno del corporate banking di Unicredit, lo scorso febbraio è stato rinviato a giudizio per concorso in bancarotta in relazione al fallimento di Imco, una delle holding della famiglia Ligresti.

Denunciare sempre

Denunciare, denunciare sempre, non aver paura di rivolgersi alla legge anche per delle ingiustizie di valore economico non eccessivo. L’importante, come consigliamo sempre, è farlo con cognizione di causa e, soprattutto interpellando un avvocato che sia competente e che abbia una comprovata esperienza in questo campo.