Usura Bancaria

Annullato il fallimento di una società

Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di fallimento di una società. Il motivo è l’accertata usura bancaria applicata all’azienda da Intesa SanPaolo.

La vicenda e il racconto del presidente Dolci

Una sentenza che potrebbe segnare un fondamentale capitolo nella diatriba sull’usura bancaria. La Seconda Sezione Civile del Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di fallimento proposto da Intesa SanPaolo contro la Major srl, società attiva nel settore dei servizi alla moda. Azienda che si era vista incrementare il debito, in soli 9 mesi, del 15,5%. Guido Dolci, presidente della società, ha patrocinato la causa.

Ecco alcune dichiarazioni di Dolci:

“La vicenda è semplice e terribile al tempo stesso. Nonostante le mie aziende, attive nel settore dei servizi alla moda, continuino a generare utili da 4 anni, le banche continuano a cercare di ridurmi gli affidamenti fino all’estinzione totale.”

E aggiunge:

“Particolarmente accanita si è dimostrata Banca Intesa che ha richiesto il rientro immediato di un affidamento e ha proposto istanza di fallimento. Controllando il conto corrente ho scoperto che il presunto debito fra la lettera di chiusura conto e l’istanza di fallimento, in soli 9 mesi, era cresciuto del 15,5% pari al 21% su media annua. Ho scoperto una fortissima usura, ho fatto allora periziare tutti i miei conti e tutti i miei bilanci dimostrando che, nonostante l’ampia usura bancaria, la situazione patrimoniale era ancora in attivo. Grazie al mio avvocato mi sono opposto all’istanza di fallimento e il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso di fallimento proposto da Intesa.”

L’importanza di questa sentenza

L’avvocato difensore di Dolci invece si esprime sull’importanza della respinta del ricorso:

“In primo luogo, il decreto in questione è importante soprattutto per la Major e per i suoi dipendenti che possono continuare a lavorare. Inoltre è importante anche perché definisce argomenti fortemente dibattuti nell’attuale giurisprudenza. Il ricorso viene rigettato perché il presunto credito avanzato dall’ente creditizio non può ritenersi adeguatamente provato. L’onere della prova deve essere rispettato anche dalle banche. Ne consegue che l’ente bancario, proprio come qualsiasi cittadino, debba provare specificamente il proprio credito. Ciononostante, numerose volte, le banche ottengono il decreto ingiuntivo contro un proprio cliente sulla base di soli estratti conto non certificati.”

La somma di circa € 1.000.000,00 posta a base del fallimento risultava contestata in una causa per usura presso lo stesso Tribunale di Milano. Attraverso una perizia tecnico-contabile era possibile dimostrare che il debito calava a €322.000,00. Cifra che la Major srl offriva a mezzo assegno circolare alla Banca, che, tuttavia, rifiutava.

Il Tribunale, quindi, considera la contestazione fondata. Sarà la corte di merito a stabilire se non erano dovuti per anatocismo o usura. Intanto il tribunale fallimentare ha ritenuto valida la perizia e certi i conteggi effettuati dalla stessa. La Major nel 2014, da bilancio, aveva un utile d’esercizio di € 1.570.000,00.

Un’importante conseguenza di questa sentenza è che le banche, in questi casi, non possono segnalare l’azienda alla Centrale Rischi. La segnalazione alla centrale viene spesso utilizzata dagli istituti di credito come una vera e propria minaccia minaccia verso i clienti, nonostante, spesso, non ci siano elementi concreti con cui giustificare la segnalazione.

Le banche e i cittadini hanno gli stessi diritti

Il respingimento di questo ricorso è importante, poiché permette alle società di far valere i propri diritti verso le banche.

Istituti che spesso abusano del loro potere e vanno contro la legge. Anche a costo di far fallire un’azienda che genera molti soldi e non ha motivo di chiudere.

Ricordiamo che in Italia i casi di usurarietà di enti bancari sono in costante aumento.


Fonte